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giovedì 29 ottobre 2015

Alessandro Bolide inaugura la stagione teatrale “Che Comico 2015/2016” al Ridotto di Salerno

Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

È tornato al Ridotto di Salerno, dopo 4 anni, Alessandro Bolide e la stagione teatrale della comicità apre con il meglio che c’è in giro, fosse solo, ma non è così, per il suo “che ce ne fotte”, il mantra ripetuto più volte che mette allegria e spensieratezza. Il 24 sera e il 25 ottobre alle 19 è stato in città per dare il meglio di se stesso con il suo nuovo spettacolo dal titolo, neanche a dirlo, “Ma che ce ne fotte”.
Volto pulito, sorriso comunicativo, occhietti vispi e ammiccanti, non precisamente longilineo, Alessandro è il classico ragazzo della porta accanto, anche se sposato e padre di un bimbo di 3 anni. Ispira simpatia d'emblée con le sue battute scoppiettanti, gradevoli e pulite sulla famiglia, sulla lingua italiana e napoletana che il padre gli imponeva da piccolo, sulla fidanzata, sulle trasmissioni trash della tv: Grande fratello in primis, Pechino Express e l’Isola dei famosi. Nel monologo, rigorosamente scritto da lui, inserisce personaggi dello spettacolo, dello sport e della politica, sicché si presentano, con lui, in scena Bossi, Brunetta, Renzi, Federica Pellegrini, Belen e di striscio Briatore, per canzonare goliardicamente Elisabetta Gregoracci, sua moglie, facente parte del cast di “Made in Sud”, la fortunata trasmissione di Rai 2. Imita Al Bano, ma è con il raffrontare lo stile di vita napoletano, rispetto al resto dell’Italia, che gli vengono le battute migliori. Ha partecipato a tutte le edizioni di Made in Sud, per la verità un po’ sacrificato dagli autori (ndr), lanciando all’indirizzo dei presenti “Ma che ce ne fotte” a sottolineare che si può vivere bene anche senza i tanti orpelli della vita quotidiana.
La sua storia artistica risale agli anni scolastici, quando faceva divertire compagni e professori con le sue performance, testando l’indice di gradimento, fino a giungere a considerare di fare l’attore come stabile lavoro. Molto ha influito, nella sua scelta definitiva, la famiglia “Tortora”, una dinastia importante per il cabaret che conta, offrendogli la possibilità di esibirsi nelle manifestazioni più prestigiose del salernitano.
La consacrazione di comico televisivo, Bolide, l’ha ottenuto all’interno del citato spettacolo “ Made in sud”,  registrato al teatro “Tam” di Napoli e trasmesso in prima serata su Rai 2. Sempre grazie a questo spettacolo, è stato scelto da Carlo Vanzina per affiancare Raul Bova, nella parte del tassista, nel film “Ti presento un amico”. In seguito è lo sesso Bova ad offrirgli di partecipare alla fiction “Come un  delfino”, da lui prodotta. Ha partecipato allo sceneggiato, su canale cinque, dal titolo “Pupetta Maresca”, con la partecipazione di Manuela Arcuri e per la Sperling Kupfer Edizioni ha scritto un libro, con discreto successo di vendita, dal titolo, che altro se no, “Ma che ce ne fotte”.
Due ore di spettacolo di grande godibilità, con la risata spontanea che viene facile, perché lui sa porgere e dialogare bene con il pubblico che lo segue divertito. Prima di lasciare il Ridotto, Bolide regala ai presenti un’anteprima di un nuovo personaggio che per il momento resta top secret, ma che spera di poter presentare al più presto ad un pubblico più ampio.
Maria Serritiello
 
 

Strasalerno, la 21° edizione, domenica 25 Ottobre 2015





Fonte:www.lapilli.eu
22 Ottobre 2015
di Maria Serritiello

Partirà alle 9,30 da Lungomare Tafuri la tradizionale manifestazione podistica della Strasalerno. Scenario inconfondibile per gli atleti la bellezza del lungomare di Salerno! La gara mezza maratona è di km 21,097 ed è valevole per i Campionati Italiani individuali e di società di mezza maratona master. Essa si svolge su un circuito cittadino veloce e completamente pianeggiante. La Strasalerno nasce nel 1995 come gara podistica di 10 km, con percorso cittadino e con la chiusura parziale del traffico. Molti sono stati gli atleti di valore nazionale ed internazionale che vi hanno partecipato: Ottavio Andreani, Stefano Cialella, Simone Zanon, Andrea Longo, Marco Casagrande, Lucianondi Pardo, Giovanni Ruggiero, Ferdinando Vicari, Domenico D’Ambrosio, Alessandro Fasulo, Angelo Iannelli, Antonello Landi, Marco Mazza, Raschid Berradi, Cristian Gaeta, Florida Andreucci, Rea Lista.   Marco Petillo, consigliere delegato allo Sport, ha definito la gara cittadina “…un modo per appropriarsi della città per tanta gente che approfitta di questa occasione per fare sport non agonistico”.  La gara podistica, inoltre, si presta a dare ulteriore visibilità turistica alla città aggregando intere famiglie. Visnova è la società che organizza la manifestazione con Anna Pergola, presidente della stessa e Giovanni Ferrigno responsabile tecnico. Molte sono già le iscrizioni per gareggiare e si prevede un gran numero di sportivi che non vogliono mancare all’appuntamento. All’insegna dello sport, della salute e del turismo sarà per la città un giorno libero dal traffico e da tutte le conseguenze che ne derivano. Si confida nelle buone condizioni del meteo perché la giornata sportiva sia al top.
Maria Serritiello
 
 

Al civico 63 di Via Lungomare Colombo di Salerno, un prolungamento del Centro Campano di Cultura “Luigi Francavilla"





Fonte:www.lapilli.eu
del 20 Ottobre 2015
di Maria Serritiello

Una serata all’insegna dell’amicizia e dello stare insieme semplicemente, al civico 63 di Via Lungomare Colombo di Salerno. Giovanni Paracuollo, musicista, presidente del Centro Campano di cultura “Luigi Francavilla”e del movimento Città Virtuale sta cercando proseliti e collaboratori per creare un punto d’incontro ove concretizzare gli intenti del suddetto movimento. Il centro campano di cultura dedicato a “Luigi Francavilla” trombettista salernitano, ritenuto da Ennio Moricone, pluripremiato compositore italiano, il più grande trombettista di tutti i tempi, da sempre porta avanti un discorso culturale a largo raggio, comprendendo musica, pittura, poesia, danza, teatro e letteratura. Ed infatti la serata di sabato 17 ottobre è stata allietata dalla musica e dalla bella voce di Maria Buonincontro, dall’arte pittorica di Sabato Catapano e dagli assaggi gustosi e ben preparati dal “Delirium pub”. Dieci le opere in mostra del maestro Sabato Catapano, nativo di Nocera Inferiore, che vanta un curriculum come scenografo di tutto rispetto, per lavori comparsi in RAI, Canale 5 e in vari teatri della capitale e all’estero. Lo stesso Catapano definisce la sua pittura post-moderna, ovvero osservazione della natura selvaggia. Usa per dipingere coltelli, retine di ferro e spatole di varia flessibilità. Ritiene di essersi rifatto alle pitture del Tiepolo e di Giulio Romano. Molti sono stati gli ospiti della serata che non hanno lesinato la loro collaborazione ad un karaoke improvvisato dalla vivace e giovane Martina, in questo senso pregevole l’esibizione dell’arzillo Sabatino De Luca, con una passione smodata per la musica. Nessuna meraviglia, dunque, quando, per imitare il compianto Mario Merola, nel suo cavallo di battaglia “0 zappatore” è apparso col cappello a larghe falde e il classico mantello a ruota. L’appuntamento per il prossimo fine settimana è lo stesso Giovanni Paracuollo a darlo ai presenti che non hanno fatto mancare la loro promessa di esserci ancora.
Maria Serritiello
 
 




 

Alla Caffetterie di Via Torretta 24 di Salerno presentato Carlo Escoffier pronipote del re dei cuochi Auguste Escoffier

Fonte:www.lapilli.eu
del 7 ottobre 2015
di Maria Serritiello


Un buon biglietto di presentazione per la Caffetterie di Daniela ed Umberto, inaugurata da poco, in Via Torretta 24, a Salerno, aver ospitato il pronipote di Auguste Escoffier, re dei cuochi, Carlo. La serata del 28 settembre scorso, sobria ed elegante, come lo è il locale, dove su tutto spicca il bianco nitore dell'arredamento, è stata curata dalla giornalista de "Il Mattino", Luciana Mauro, rappresentante dell’associazione "Scriptorium" di cui è presidente. Presenti tra i tanti invitati anche l'associazione "I nuovi gaudenti", fra l'altro fautori dell'evento, in quanto Carlo Escoffier, e non poteva essere diversamente, è un socio della stessa. Luciana Mauro, con la solita grazia e professionalità che la contraddistingue, ha tratteggiato la figura dell'insigne chef, autore della "Bibbia culinaria "per chi si occupa di cucina ad altissimo livello.
George Auguste Escoffier è considerato il re dei cuochi e l'ambasciatore della cucina francese nel mondo. Di lui diceva Guglielmo II "Io sono imperatore di Germania, tu sei l'imperatore degli chef". Nacque a Villeneuve-Loubet il 28 ottobre del 1846 e morì a Montecarlo nel 1935. Iniziò a lavorare, nella trattoria dello zio a Nizza, all'età di 12 anni per passare a 19 anni al "Petit Moulin Rouge" di Parigi. Nel 1880 divenne Direttore di cucina del Grand Hotel di Monaco del suo amico Cesar Ritz, insieme al quale fondò, agli albori del nuovo secolo, l'Hotel RITZ in Place Vendome, simbolo dell'età felice che fu La Belle Époque. In onore della cantante lirica Nellie Melba crea la "pesca Melba" E' del 1903 la pubblicazione, oltre ai tanti libri già dati alla stampa, de "La Guide Culinarie", lo strumento per eccellenza della cucina, con circa 5000 ricette, libro ancora oggi adottato dagli istituti alberghieri di tutto il mondo. Tra i suoi allievi, come aiuto pasticciere, vi fu il Primo Ministro del Vietnam e poi Presidente Ho Chi Min. Una sua massima, che vale la pena di seguire, è: "La buona cucina è il fondamento di una vera felicità ".

Luciana Mauro, dopo aver tratteggiato l’illustre personaggio, prosegue la serata conversando amabilmente col pronipote di Auguste, Carlo, che vive a Salerno. Apprendiamo così come i rappresentanti della famiglia Escoffier siano giunti in Italia ad opera di Giampietro 'Escoffier, nonno di Carlo, che esperto di illuminazione a gas delle città fu invitato dalle autorità cittadine di Portici, ad offrire la sua competenza. Successivamente Giampietro' Escoffier si trasferisce a Castellammare di Stabia dove nasce Alfonso, padre di Carlo, di Giampiero e di Franco, suoi figli. Papà Alfonso diventa funzionario della Sometra-Atacs a Cava dei Tirreni e fu decorato con Stella al merito del Lavoro dal Presidente della Repubblica. Mamma Elvira, invece, ha insegnato a Cava chiudendo la carriera come preside alla Scuola Media di Pagani. Il fratello di Carlo, Giampiero è dirigente dell'ufficio turistico di Ischia, mentre Franco ha collaborato con varie testate nazionali, vedi il Roma ed il Mattino, per proseguire come inviato speciale al Gazzettino di Venezia, infine Carlo, l’ospite della serata ha svolto la professione di geometra al GC di Salerno.
 La serata si conclude degustando assaggi particolari preparati con maestria da Daniela ed Umberto, innaffiati da ottimi cocktail, tratti dalla succitata "Guide" e a conferma di quanto "il cuoco dei re e re dei cuochi" ci suggerisce “la buona cucina è il fondamento di vera felicità”
 
Maria Serritiello
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“Zevi Show”, nell’omonimo quartiere di Salerno sesta edizione



rione zevi immagine






Fonte:www.lapilli.eu
10 settembre 2015
di Maria Serritiello

Il Rione Zevi, il noto quartiere della zona orientale di Salerno, dal 2 al 7 settembre è stato in festa, con lo “Zevi Show”, una rassegna di musica, teatro, ballo, moda, canto, cabaret e perfino il concorso di Miss Granata. La kermesse, che rallegra le serate salernitane di fine estate, è alla sesta edizione. In verità, in ordine cronologico, questa, sarebbe dovuta essere la settima, ma lo scorso anno si è dato spazio al Premio Nazionale Mediterraneo e ai suoi premiati: Carlo Croccolo(attore); Guido Forzano(regista televisivo) e Bianca Berlinguer( giornalista Rai).
Il Rione Zevi, ma più propriamente conosciuto come “a’ ciampa ’e cavallo”, per via della sua caratteristica forma somigliante al ferro ad “U” che protegge lo zoccolo del cavallo, fu costruito fine anni ’50 dall’ archistar Bruno Zevi, da cui prende il nome, per abbinare l’edilizia popolare a quella residenziale, l’originale suo progetto che proprio a Salerno fu realizzato.
Bruno Zevi, classe 1918, romano, morto nel 2000, è stato un architetto, urbanista, politico, storico e critico d’architettura.
Sette anni fa, 4 amici e precisamente Aldo Romano(Presidente), Luigi Della Rocca(Vice Presidente), Maria Della Sala(Tesoriere) e Carmine Sessa(Responsabile della logistica), decidono di far rivivere il quartiere, ormai avviato ad essere solo dormitorio, con una serie di attività socio-culturali, sportive e dilettantistiche, unite dall’associazione Bruno Zevi che in quell’occasione nasce. “Quand’ero ragazzo, in questi spazi così abilmente protettivi, sono, infatti, nato e cresciuto qui”, dice il Presidente Aldo Romano “si radunavano come niente 400 ragazzi, problemi di aggregazione non ne avevamo, di contra questi attuali sanno solo smanettare al computer. Ci è sembrato giusto  fondare l’associazione per aggregare, stimolare, arricchire e divertire  non solo la fascia giovanile ma anche quella più avanti negli anni, quando la solitudine si avverte prepotente. Tutti possono trovare una qualche cosa per fare associazionismo”
E così sull’onda del ricordo e della libertà respirata in questo quartiere si possono frequentare corsi di danze caraibiche, di zumba e fitness, di balli di gruppo e a coppie, di ballo per bambini, corsi di yoga, di teatro, di
di cabaret di burraco e tanto altro ancora, insomma un ampio ventaglio di proposte in corso tutto l’anno. In giugno e settembre, poi, due eventi di rilievo: “I giochi di strada” per i più piccini e lo Zevi Show, appena conclusosi. “Il quartiere è popoloso, vi risiedono oltre mille persone, far funzionare tutto alla perfezione non è da poco” dice il vice presidente Luigi Della Rocca “ma con la buona volontà, il senso di appartenenza e il desiderio di tramettere valori positivi alle nuove generazioni, si riesce a fare tutto in modo adeguato.” E le soddisfazioni, per il lavoro svolto si raccolgono, una per esempio, la più mediatica, il fenomeno musicale Rocco Hunt. Il giovane rapper italiano, vincitore de l Festival di San Remo 2014 nella sezione “Nuove proposte” qui è nato ed al quartiere ha regalato il suo disco d’oro.
Lo show lungo sei giorni, ha dato spettacolo ogni sera ma quella del 6 settembre si è rivelata di grande effetto e di piacevole fruizione. In scena, Lello Carrella, fiorista con la passione della moda, anche se l’una cosa non esclude l’altra, per essere i fiori e la moda due facce della stessa bellezza. E di fascino sono le modelle, una ventata d’incantevole gioventù che sfilano in passerella, con grazia e levità e con lui, Lello Carrella, che gli viene dietro ad ogni conclusione di step, agile, scattante, sorridente, abbronzatissimo ed elegante, egli stesso, ad ogni cambio di vestito. Lello Carrella è famoso per la sua particolare cratività, conosciuto dalle tv nazionali, nelle quali è chiamato per dare saggio della sua Turbo Moda, che consiste nel realizzare abiti da sposa e di alta moda con rettangoli di stoffa e spilli da balia in soli tre minuti.
 
Maria Serritiello
 
 

Le maglie della Salernitana in mostra a Palazzo Genovese

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10 settembre 2015
di Maria Serritiello

130 maglie per raccontare la storia della Salernitana, nella quale l’intera città si riconosce, intorno alla quale si aggrega, soffre e gioisce ad ogni campionato, dal 1919, anno di nascita. Esse, grazie a 40 ragazzi sguinzagliati nella ricerca e a tante persone che hanno offerto il loro personale ricordo, conservato come reliquia, saranno in mostra dall’11 al 13 settembre prossimo a palazzo Genovese, in pieno centro storico, cuore pulsante della città. Attraverso le maglie è stata ricostruita e con metodo scientifico della ricerca, consultando archivi, la storia della squadra, ma anche i tanti momenti che l’hanno attraversata. L’obiettivo dei curatori dell’Associazione Culturale “19 giugno 1919 è quello di tramandare presso le giovani generazioni il passato della squadra, perpetrandone il valore e l’appartenenza. “Salernitana, la maglia”, questo il nome dato alla mostra, con il patrocinio del Comune di Salerno e partenariato U.S Salernitana 1919.Tra quelle esposte ci saranno alcune rarità come la prima maglia datata 1919, la prima con il disegno del cavalluccio marino del Maestro D’Alma stampato e quella con la scritta Antonio Amato, alle spalle. La mostra è visitabile venerdì 11 dalle 12 fino all’una di notte, mentre sabato e domenica dalle 10 fino all’una della notte. L’ingresso è gratuito.

Maria Serritiello
 
 

Paolantoni, artista Pop Art, in esposizione a Salerno

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Fonte:www.lapilli.eu
3 Settembre2015
di Maria Serritiello

Si, proprio lui, quello del “… Sarà il clima, so scocciata, sarà il ciclo, so scocciata… di un famoso sketch, interpretando la signora Lorena. Quel lui è Francesco Paolantoni, ecclettico uomo di spettacolo, dai tanti volti: teatro, cinema, tv ed ora anche stimato artista della Pop Art, così consacrato, recentemente, alla Biennale di Venezia, dove ha esposto, prima che a Salerno.  E così al palazzo Genovese, presente dal 3 al 6 settembre, i mosaici di pane, di argilla e acrilici su carta pergamena di Francesco Paolantoni, hanno fatto bella mostra di sé. Tutta l’organizzazione è stata curata dalla Sevensalerno, portale internet di promozione territoriale e l’Associazione Culturale Il Centro Storico, l’ufficio stampa è di Maria Rosaria Voccia mentre l’allestimento è di Pasquale Cicalese e Aniello De Luca.
Il suo debutto artistico risale allo scorso anno, al Pan di Napoli, i cui “elaborati alimentari”, come lui stesso li definisce, sono stati riproposti e con successo a Salerno. Gli elementi che l’attore-artista manipola sono: la mollica di pane bianca o integrale, prevalentemente, il curry, la paprica, il prezzemolo, per non dire l’argilla, tutti ingredienti naturali di pura marca mediterranea.
Quasi tutti da bambini, a tavola, mentre si aspettava la minestra, abbiamo giocato a far palline di pane a dargli una qualche forma, ispirata al nostro mondo infantile, ebbene Paolantoni ha fatto di più, ha lavorato il pane fino a ridurlo in tanti piccoli quadretti, che sono diventate le significative tessere dei suoi sorprendenti mosaici. Nei suoi quadretti, che hanno la faccia di San Gennaro, la bombetta di Chaplin, il viso tondo di Betty Boop, l’espressività urlata di Munch, tra quelli esposti e che Paolantoni, in modo divertente reclama appartenere alla corrente del “quadrettismo”, si scorge una sottile denunzia al racket del pane. Lui dell’elemento essenziale, fatto di acqua e farina impastata, ne propone un consumo etico, spinto dalla federazione Pol.i.s Unipan di cui è autorevole testimonial. La mostra ha un che di naif, un’ingenuità di fondo, una volontà di voler essere più che apparire, una spiritualità tangibile più che immaginaria, esigenza prioritaria per Lui, al giro di boa dei sessanta. La risata divertente e spensierata provocata dai suoi monologhi, qui è assente, per perdersi nell’immagine azzurra del Vesuvio. “E luce fu”, questo il titolo della vernissage, aria nuova e pelle nuova per la maturità umana e professionale da lui raggiunta.
 
Maria Serritiello
 
 
 
 

Intervista al Maestro Mario Carotenuto, premio Mario Perrotta 2015


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Fonte :www.lapilli.eu
del 25 agosto 2015
di Maria Serritiello

Qualche temp fa nell’ inverno, in un giorno grigio e pieno di pioggia, vado a trovare, dopo aver preventivamente preso appuntamento, Mario Carotenuto, il Maestro. L’artista salernitano al telefono è molto gentile, anzi è contento di fare quattro chiacchiere e mi aspetta per le 12,00. Mario Carotenuto, classe 1922, abita nelle vicinanze del duomo di Salerno, in una zona discosta ma in centro, a scarso traffico, circondata da chiese come quella sconsacrata di Sant’Apollonia, di San Michele, di San Benedetto, con il distretto militare, ormai disabitato, dove soggiornò Ildebrando di Soana, Papa San Gregorio VII ed il Museo Archeologico Provinciale. E’ lui stesso ad aprirmi la porta, ad introdurmi nel suo studio, quasi fossi una persona di famiglia, senza formalità, nella più spontanea semplicità. Ed ecco l’ambiente dove lavora e crea, un guazzabuglio di oggetti, libri, quadri (i suoi), statue, corone, santini, madonne, presepe, campane di vetro, ex voto, arazzi, farfalle, colori, tubetti iniziati e sparsi, tutto a coprire le pareti, a strabordare dai mobili, ad ammassare il tavolo, la scrivania e perfino le sedie. Un luogo unico, illuminato da una finestra ed un balcone, dai quali riverberi di luce patinano le mille cose stipate. Qui la città s’immagina, il passo è lento ed i rumori sono ovattati, qui regna l’arte, la pittura del Maestro Mario Carotenuto.
(N.d.R. Il testo da me raccolto è come il Maestro ha risposto alle domande, non ho cambiato nulla, infatti nello scritto aleggia il sonoro della sua voce. )
- Se non avesse fatto il pittore cosa le sarebbe piaciuto fare?
- Vengo da una certa età e provengo da un certo ambiente, le famiglie allora avevano i loro sogni che cercavano di riversare sui propri figli. Io era destino ad essere un professore di lettere, questo avveniva non solo perché loro così volevano ma anche perché al liceo ho vinto un concorso di prosa latina. Da studente scrivevo in latino, sono stato il terzo in Italia ed avendo fatto questo, fu una specie di battesimo per me e tutti pensarono che avrei fatto il professore di lettere, io invece pensavo di fare il pittore. Era un sogno mio, cercavo di nascondere questa passione, di reprimerla perché ero convinto che se mi fossi messo a fare il pittore non avrei più studiato. Con molta responsabilità misi pennelli e colori da parte e cercai di studiare solamente il latino. Diventato adulto al momento di dover scegliere ho deciso di fare il pittore, per la vita comune e per il sostentamento ho fatto il professore di disegno, una cosa che era più vicina a quello che volevo fare. Abbandonando completamente le lettere mi sono dedicato all’insegnamento.
 Com’ è stato il suo rapporto con gli studenti?
Un buon rapporto, a me la scuola come organismo non piaceva, perché avevo orari, era un po’ limitativa ma il rapporto con la scolaresca è stato ottimo, ho cercato di essere un buon insegnante tanto è vero che quando incontro i miei ex alunni, loro dicono che sono stato un buon insegnante. Ho fatto l’insegnante per vivere di pittura, fui costretto ad intraprendere una professione utile che mi servisse e che mi desse un sostentamento.
- Qualche suo alunno è diventato noto?
Non credo. Grossi impiegati, delle personalità sono diventati capo uffici, qualcuno è diventato poeta, scrittore, critico d’arte. Sono stato insegnante di De Silva e Sabino Bignardi.
-L’infanzia maestro
La mia infanzia è come l’infanzia di allora, mio padre era insegnante di musica, mamma insegnante di scuola elementare, da che avevo 4 anni sono stato messo vicino ai libri. Ho ho imparato a leggere a 4 anni, e disegnavo pure a quell’età lì, sono stato precoce non mi sono accorto che doveva esserci per imparare a scrivere e a leggere, il passaggio dal non leggere a leggere io non lo ricordo proprio, per me è stato naturale, mia madre mi portava a scuola a 4 anni quindi io già a 4 anni avevo l’idea della scuola ed imparavo anche perché a volte i bambini sono precoci e io lo ero
E le farfalle nella sua pittura?
Le farfalle sono state una cosa accidentale non c’è niente di eccezionale. Siccome ho insegnato nel Cilento anzi a Padula, nelle mie passeggiate in campagna raccoglievo farfalle morte che regolarmente disegnavo e ad un certo punto ho pensato: perché le farfalle morte non le faccio vive? Ho cominciato a guardarle e a studiarmele non come entomologo ma solamente gli elementi della loro fragilità, della loro grazia   e velocità e forse rappresentavano nella loro essenza la brevità della vita, tutto quello che nella vita è bello finisce. Questo significato non l’ho dato io, prima i fiamminghi e poi anche il seicento dell’arte italiana e quadri caravaggeschi in cui ci sono farfalle.Non è un simbolo mio ma un simbolo che ho preso dalla storia dell’arte.
La farfalla uscita dal bozzolo non può rappresentare Lei che si è potuto dedicare alla pittura?
Siamo prima larva e poi farfalla è la vita che ci porta verso le conoscenze che è questa specie di volo
Un ricordo particolare
Un ricordo particolare della mia vita è forse quando la sera del giugno 1940, stavo a scuola, perché allora si facevano i corsi pomeridiani di ginnastica al liceo di Nocera, il preside mi chiamò e mi disse: “tu sei stato scelto al concorso di prosa latina”, per cui io e il liceo di Nocera avemmo questo onore. Naturalmente il momento più bello fu quando andai a casa, la sera tardi nel dirlo a mia madre. Lei era già a letto e quando le dissi di aver vinto il concorso di prosa latina, tocco terra e la baciò. Mia madre dette valore alla fortuna non alla mia capacità.
C’è qualche opera di cui non è soddisfatto?
Questa è una domanda che non si fa ad un pittore, di tutte le opere non sono soddisfatto, l’artista vero non è mai contento di ciò che crea. A volte passano anni e di un quadro si riescono a vedere delle cose belle, mentre lo creo io vedo solo la difficoltà i difetti quello che non è riuscito ma il bello non riesco a vederlo. Solo dopo anni quando il quadro l’ho dimenticato, riesco a vedere le cose buone.
Il presepe
Il presepe è un inciampo della mia vita, vengo da una civiltà in cui il presepe era molto praticato specialmente quello di carta a me piace quel presepe lì, quello di carta con i pastori di creta piccoli, è rimasto dentro di me come un sogno tant’è vero che quando è natale io faccio un presepe piccolo qui su questo mobile, con i pastori di creta. Ho comprato dei pastori dell’ottocento a Napoli e faccio sempre il presepe. A me piace il presepe come atto religioso, di fede, se vogliamo come desiderio di rappresentare un avvenimento. E’ la storia più bella dell’umanità, c’è una storia più bella di questa? No.
Maestro la scena sulla sinistra appena si entra nella Sala San Lazzaro del duomo, che fa parte del Presepe dipinto, suo capolavoro, rivela il suo concetto della famiglia?
E’ il concetto della nostra famiglia, quella meridionale, io vengo dai paesi dell’Agro, Angri, Sant’Antonio Abate, quando sono venuto a Salerno ero già adulto. La mia infanzia è quella lì, quel tavolo, quel buffet, quella cucina che s’intravede, quel prese di carta messo lì nell’angolo, quella è proprio la nostra vita.Io ho immaginato che ci fosse mia nonna, mio nonno, ma sono i familiari di un amico , come io avrei voluto che fosse ma non era proprio così, mio padre era musicista, mia madre preoccupata pe sti figlie ca teneva e faceva l’insegnante elementare.
Quanti ne eravate?
Eravamo 5 figli e loro due. C’era questa specie di lotta per la vita, per mantenere questi ragazzi, mio padre non è che avesse voglia di fare il presepe, comprava i pastori e li metteva là. E’ una cosa che ho visto fare agli altri, non era la mia famiglia, non avevo i nonni in casa, i nonni sono belli, fanno focolare, non so se oggi è così.
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Le piace Salerno in progress?
Si, mi piace molto. Salerno è una delle più belle città d’Italia Una volta stavo a Venezia, con amici veneziani, ero andato a vedere la Biennale e parlavo della bellezza di Venezia, una delle più belle città del mondo, uno di loro mi domandò <<tu di dove sei?>><<Sono di Salerno>> <<ebbene, tu sei di una delle città più belle d’Italia>> Lo disse lui. Secondo me, è vero, è una delle città più belle d’Italia e oggi è mantenuta anche bene, c’è un fervore particolare. Alcune città, paesi sono come se avessero la polvere, Salerno no, è sempre spolverata, viva, pronta agli avvenimenti, ad accogliere. Questo naturalmente lo dobbiamo anche al sindaco, Vincenzo De Luca (allora, oggi governatore della Campania), all’amministrazione che è molto previgente
Posso chiederle come vede la politica attuale?
R Io di politica non m’interesso, vengo da un periodo che non si praticava, noi eravamo fascisti e quindi fascisti e basta, ma vengo anche dalla grande democrazia cristiana, dal grande partito comunista. Questi attuali sono tutti piccoli, piccoli, rispetto a De Gasperi, rispetto ai grandi Nenni, Togliatti, questi qua sono allievi degli allievi. L’ultimo, più o meno, Bertinotti, logicamente Andreotti, una grande personalità, nel bene e nel male. Io ho conosciuto molto bene Cacciatore, socialista salernitano, ho fatto un viaggio a Roma. Ho conosciuto Amendola. Giorgio Amendola è venuto nel mio studio, sono persone di grande,  livello. Amendola era anche un conoscitore d’arte, una persona sensibile. Io sempre curioso ad un certo punto gli chiesi << Ma vuie ce crerite?>>e lui <<Che domanda mi fai, io ti domando se sono onesto, ti dico non lo so.>> Certo poteva dirmi che essendo ateo, ma lui fu onesto mi disse “non lo so, non posso darti una risposta”. Queste erano le grandi personalità, ma che adesso non ci sono più. Mi voleva fare anche una recensione per una mia mostra poi non se ne fece nulla, io non avevo niente di pronto.
Ha frequentato le personalità in vista di Salerno? 
Si, mi è successo di contattarle data la mia posizione a Salerno di pittore preminente, quindi li ho conosciuti quasi tutti quanti, ho conosciuto per esempio D’Arezzo, Menna, ho conosciuto Cacciatore, Granati, ho conosciuto tutti i partiti, naturalmente non mi sono iscritto a nessun partito, ma la mia simpatia era per la sinistra.
Perché, innanzitutto la sinistra mi sembrava abbastanza giusta in quel periodo lì e poi perché tutta la cultura italiana era di sinistra dovunque andassi, naturalmente andai a Roma mi trovai in un ambiente di sinistra, il sindacato nostro era di sinistra. La democrazia cristiana ha sbagliato non si è appropriata della cultura quello ha fatto male.
  E dell’intellighenzia salernitana sparsa nel mondo?
Abbiamo avuto delle belle teste, abbiamo avuto Alfonso Gatto, Aldo Falivene, scrittori di grande qualità, mo’ teniamo Diego De Silva che è a livello nazionale e che a me piace moltissimo, perché è giusto, è semplice ed è moderno, poi conosco Massimo Bignardi che come critico d’arte storico è molto bravo. No Salerno non è male, ho conosciuto Menna Filiberto, Angelo Trimarco, la moglie. Non sono contro nessuno, perché ciascuno ha il suo ambito, ciascuno ha la sua coltura e ciascuno difende la sua cultura, naturalmente faccio una pittura che era tollerata da Filiberto Menna, però lui disse: “guarda tu sei così e così devi rimanere, sei semplice e sei tu.” Lui era per l’astratto per il concettuale a cui faccio, per carità, tanto rispetto per il suo modo di vedere la vita e l’arte, però lui disse “tu sei così e “sì buone, basta che sei preminente e non t’illudi e questo è importante”. Conosco molto Rino Mele, è una persona molto in gamba, il mio studio è aperto a tutte queste personalità che ho l’onore di ricevere.
Maestro e Peppe Barra?
E’ quasi un fratello, ogni tanto ci telefoniamo con grande affetto perché io ho conosciuto la mamma, siamo stati amicissimi, io sono stato a Procida, loro hanno una casa a Procida. Proprio un fratello per me.
Progetti per il futuro?
Sapete alla mia età, non è che se ne fanno molti di progetti, uno è vecchio. Come progetto subito, non ce l’ho sottomano, ho dei quadri in programma, delle cose da fare, logicamente per ognuno di noi, la vita è un progetto, se no non c’è vita, questo è un fatto ovvio, voglio sviluppare la mia idea del sacro perché ho da grande ho frequentato molto la pittura sacra, anche perché come soggetto il sacro, specialmente per noi meridionali sta dappertutto, gratta, gratta esce il sacro come devozione, come superstizione, come timore, come speranza, è tutto, il sacro è un fatto importante, naturalmente non è il sacro delle devozione ma il sacro come idea dell’aldilà, dell’altro, tutti quanti  speriamo ci sia l’aldilà, la nostra vita si rispecchia in una vita possibile chissà altrove. Questo ci dà forza pure, o no? Sennò tutto muore con noi.
Grazie Maestro è stato gentilissimo.
Ma di che signora, non mi capita sempre di parlare e di cose che fanno parte dell’ambito culturale. La vita normale comune non ci porta a questo, noi siamo presi dalla banalità del vivere, sostentamenti, i soldi, la propria importanza, l’interesse per le cose, il linguaggio così, arte per l’arte è difficile.
Poi si capovolge il colloquio ed è lui che mi chiede:
Voi che mestiere fate?
Facevo, ho fatto l’insegnante d’italiano nella scuola media.
Soddisfatta la curiosità continua “Io sono rimasto attaccato all’insegnamento non tanto per la scuola in sé, perché la scuola è un poco barbosa, ma per il contatto con le persone, gli alunni è più quello che vi danno che quello che ricevono. E mò che fate scrivete ogni tanto?”
Gli rispondo divertita che si scrivo e mi piace che adesso è lui a fare le domande a me. 
Maria Serritiello
www.lapilli.eu

 

Peppe Barra in concerto ai “Barbuti” di Salerno per i trent’anni del Teatro

fonte:www.lapilli.eu
25Agosto 2015
di Maria Serritiello
LAPILLI peppe barra

Così scrive Peppe Barra, su di un lato di cartoncino azzurro, sull’altro la sua immagine a mezzo busto, in omaggio al pubblico, accorso al suo concerto, per i 30 anni del Teatro dei Barbuti di Salerno.

“…c’è voluto l’amore di Peppe Natella per dare vita ad un fenomeno culturale durato trent’anni. Era un lontano agosto del 1983 quando fu inaugurato appunto il Teatro dei Barbuti che ha funzionato e continua a rappresentarsi come punto di riferimento importante di una città attenta alla cultura come Salerno…”
E dopo il dovuto riconoscimento per chi si è prodigato e lo fa tutt’ora a che il Teatro dei Barbuti, detto così dalla zona longobarda del centro storico della città, vada avanti, anche senza aiuti se non quelli e solamente dell’Amministrazione Comunale, l’aedo Barra si rivolge ai giovani
 “…vedere questo brutto sole nero che calcifica le menti e l’anima di parecchi giovani è il peggiore dei supplizi; è triste vedere piccoli e stupidi icari volare nel cielo della banalità e del cattivo gusto… Concludo augurando ai giovani che l’esempio del Teatro dei Barbuti possa insegnare che la bellezza esiste soltanto quando una bellezza interiore ed il lavoro la esorcizzano e lottano contro la sua distruzione”
Ecco Peppe Barra, l’artista unico di un genere che tocca le corde più profonde, le popolari, ma raffinate e colte, per essere il tracciato di chi ci ha preceduto, cui la mia generazione (ndr) si è trovata a scoprire, ci rende, con il suo scritto, una lezione di stile e di laboriosità senza fine.
Il 22 agosto scorso la serata ai Babuti inizia con l’assegnazione del Premio Perrotta 2015 al Maestro Mario Carotenuto, un valore in assoluto tra gli artisti salernitani e tra quelli nazionali, che lo stesso Peppe Barra, storico suo amico, premia, per continuare con il concerto dell’artista procidano.  Lui sempre lo stesso, con gli anni che avanzano, 71 dichiarati, capo coperto, vestito color porpora, nel cambio poi nero, porta in scena con il suo corpo la musica, essendo egli stesso dentro ad essa. Il ritmo, arrangiato da cinque valenti musicisti, si propaga e la voce possente dai tanti registri di Peppe ghermisce benevolmente i presenti. In sequenza si ascoltano: Lu vasillo, di un anonimo dell’800 e Vasame di Enzo Gragnaniello, poi, in omaggio a Bob Marley, la sua (No Woman, No Cry) l’ha mutata in «No, nun chiaggnere chiù». Una versione, la sua, di grande impatto sia per l’incomparabile forza della voce che per la rabbia impressa nel canto. Divertente, invece, “la Pansé” di Rendine Pisano, maliziosamente divertente, come il racconto dell’innamoramento di una “cacatella e di uno strunz” ovvero “Idillio‘e’mmerda” di Ferdinando Russo. Si torna ad essere colmati di musica, di suoni gutturali, di voce estesa e tesa fino all’inverosimile con il “ Uallarino”, ovvero il tacchino, trasformazione tutta napoletana del’inglese “young turkey” ed ancora, un blues lento ed isterico lo “Shampoo” di Gaber, per essere trasportati nella poesia pura e nella malinconia più struggente con “Cammina, Cammina” di Pino Daniele, un suo personalissimo omaggio e un dono per chi lo ascolta, ma ecco che si siede, l’ha sempre fatta seduta ed anche questa volta, la “Tammurriata nera”, con musica di E .A. Mario e  testo di Edoardo Niccolardi. Quando il ritmo diventa frenetico e lui grida “Fuie Carmelì, fuie”, i brividi di quell’onta sulle donne si sente ancora nelle  carni. Questo è Peppe Barra capace di farci entrare, con le sue interpretazioni dal di dentro delle stesse emozioni che canta. Ci saluta con “Uocchie c’arragiunate” per ricordare l’insostituibile madre, Concetta Barra, il suo incipit di uomo e di artista.
Maria Serritiello