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sabato 30 novembre 2013

Salvatore Cantalupo al Teatro A. Ghirelli di Salerno in Titanic (The end)


Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

Dal 21 - 24 novembre  scorso al Teatro A.Ghirelli di Salerno i  Teatri Uniti in collaborazione con Accademia Amiata Mutamenti hanno presentato Titanic (The end), tratto da Hans Magnus Enzensberger, per l’ ideazione e la regia Antonio Neiwiller, in un’attuale visione di Salvatore Cantalupo. Lo spettacolo, di non facile approccio, poggia la sua forza, sia sulla fisicità degli attori, che  su di un linguaggio incomprensibile parlato da tutti. L’assenza di un testo e conseguentemente di parole, coinvolge la sfera più intima delle emozioni, le immagini come il dolore, la gioia e le varie sfumature dell’animo, passano sul volto degli interpreti e s’ irradiano.

Il teatro si presenta oscuro e alla maniera della parte maestra di una nave, per metà inabissata, avvolto dal fumo, che ne imita la nebbia e con lo sciabordio ritmato delle onde, l’eco che trasporta in mezzo al mare. Teloni arancioni, gonfi, ricoprono oggetti sfuggiti  all’affondo e tutto appare in abbandono. Sibila un suono ed un uomo, vestito di panni modesti, appare vagando, mentre compie in un rituale, gesti intorno, sfaccendando e traendo fuori da un baule, oggetti usati. Quando dà inizio alla parola, lo fa con un incomprensibile grammelot, dai suoni ostici e da nessuna espressione addolcito, anzi aggressivo ed imperativo.  Altro sibilo ed ecco che la scena si anima da sette attori, fuoriusciti dai  teloni, centrati in scena, che senza  articolare frasi di senso compiuto, manovrando tubi simili a nere bisce ed in una lingua oscura, anch’essi, interpretano la fame, la contentezza, la dolenza, il viaggio, l’amore, il ballo, il gioco. Pagine distribuite a tutti, poi, da uno di essi, servono a leggere, a soffiarsi, a strofinarsi il corpo e a salutare prima di appallottolarli. Con gesti lenti e movimenti cauti per centrare il viso, si truccano, lì, davanti al pubblico, cambiando maschera, cambiando destino. Il rumore dei passi, il suono pesante di una batteria ed ecco il chiudersi di colpo, dinanzi agli occhi, della vela, dell’immaginario transatlantico, dietro al quale, con delicato effetto di ombre cinesi, galleggiano lentamente, ormai persi, uomini e cose.

“Titanic The end” realizzato da Salvatore Cantalupo, interprete e regista, lui stesso, è un laboratorio tenuto per otto mesi, assieme a giovani attori  e nel quale riprende lo spettacolo del drammaturgo, regista ed artista geniale, Antonio Neiwiller, inserendovi solamente qualche spunto. Cantalupo è stato suo allievo e nel ventennale della morte del maestro, ha voluto così ricordarlo. L’attore considera, Antonio Neiwiller, il geniale artista napoletano, morto prematuramente a soli 45 anni, un pioniere che ha  utilizzato la teoria del laboratorio e del gruppo per far nascere qualcosa. La nave alla deriva, come già per Hans Magnus Enzensberger, lo scrittore tedesco ne “La fine del Titanic”, è la metafora, dell’odierna società che si è consegnata all’incomunicabilità e si capisce, così, anche l’invasivo grammelot usato da Neiwiller, prima e da Cantalupo, dopo, indice di chi non ha più comunicazione.   

Maria Serritiello
www.lapilli.eu






Crollata a Baronissi una parte del palazzo che ospitò la regina Margherita di Durazzo



Fonte:Zerottonove.it


E'' successo nella frazione di Acquamela in via San Domenico (ore 00:30 circa), luogo in cui si trova lo storico palazzo (ormai fatiscente) che fu l’ultima dimora della regina Margherita di Durazzo, la quale vi morì di peste il 6 agosto del 1412. Le abbondanti precipitazioni degli ultimi giorni hanno sicuramente contribuito al crollo parziale della struttura da anni ormai in rovina.

Fortunatamente non si segnalano vittime o feriti anche in virtù del fatto che lo spiacevole evento si è verificato di notte. Come si evince dalla foto, però, alcune macchine parcheggiate nei pressi del palazzo sono state letteralmente sepolte dalle macerie e, di conseguenza, gravemente danneggiate.
Sul posto sono subito intervenuti i carabinieri e i vigili del fuoco e, già nella notte, sono stati avviati i lavori di messa in sicurezza. La zona interessata potrebbe essere chiusa momentaneamente al traffico.
Nel 2011 proprio per una questione di sicurezza fu rimossa la parte superiore del palazzo. Nel 2012 una sentenza del Tar di Salerno annullò i vincoli storico-artistici posti dal MiBAC dando, così, l’ok al ripristino dei lavori di recupero e riqualificazione dell’immobile bloccati proprio a causa della decisione delMinistero dei Beni e delle Attività Culturali in contrasto con il parere della Soprintendenza.
Altro triste capitolodunqueper lo storico palazzo di Acquamela risalente al XV sec. al centro di numerose polemiche negli ultimi anni.


giovedì 28 novembre 2013

Morto Tony Musante, indimenticabile protagonista di Anonimo Veneziano




Fonte:virgilio notizie.it

E' morto al Lenox Hill Hospital di New York martedì, dopo un intervento chirurgico, Tony Musante, attore italo americano divenuto popolarissimo da noi soprattutto negli anni '70 per il ruolo da protagonista nel telefilm poliziesco Toma e per quello del musicista malato terminale in Anonimo Veneziano, di Enrico Maria Salerno, accanto a Florinda Bolkan. 

Anthony Peter Musante, questo il suo nome completo, aveva 77 anni. Nato Bridgeport (Connecticut), dopo il diploma all'Oberlin College aveva lavorato alcuni anni come insegnante per iniziare nel 1960 lacarriera di attore, sui palcoscenici dell'off-Broadway. Dal 1963 alterna ruoli in Tv e cinema, principalmente in prodotti di genere poliziesco. Nel 1968 arriva in Italia con lo spaghetti-western di Sergio Corbucci Il Mercenario, al fianco di Franco Nero, Jack Palance, e Giovanna Ralli, sulle note di una colonna sonora firmata da Ennio Morricone. E in Italia girerà tante altre pellicole: Metti una sera a cena di Giuseppe Patroni Griffi (1969 ), Anonimo Veneziano, L'uccello dalle piume di cristallo, opera di esordio di Dario Argento (1970), Eutanasia di un amore di Enrico Maria Salerno (1978). Nel 1973 torna in tv con la serie di telefilm Toma, un poliziotto del New Jersey. Tra il 1974 ed il 1976 compare anche nella serie tv Sulle strade della California

Negli anni '80 lo vediamo ancora in due titoli italiani, La gabbia di Giuseppe Patroni Griffi (1985) e Il pentito di Pasquale Squitieri (1985). Negli anni '90 di nuovo tv con Oz (1997) e Il settimo papiro (1999). Dopo il 2000 arrivano La vita come viene (2003) e I padroni della notte (2007). In tv l'ultimo impegno, con la serie Pupetta - Il coraggio e la passione, diretta da Luciano Odorisio e con protagoniste Manuela Arcuri ed Eva Grimaldi.






mercoledì 27 novembre 2013

Testa di maiale sulla cassetta della posta, il commento del sindaco De Luca "La prossima volta babà e zeppoline"


Fonte:SalernoToday.it

Testa di maiale sulla cassetta della posta, il commento del sindaco De Luca
De Luca spiazza tutti: "Grazie per il vostro affetto. Sono grato per l'attenzione gastronomica. Trattasi, tuttavia, di un genere un po' pesante... Per le feste, cortesemente, ci si orienti su babà e zeppoline"

Testa di maiale sulla cassetta della posta, il commento del sindaco De Luca
Queste le parole del sindaco e vice ministro Vincenzo De Luca, sulla sua pagina Facebook.

Testa di maiale sulla cassetta della posta, il commento del sindaco De Luca
Risponde con l'ironia che da sempre lo caratterizza, dunque, il Primo cittadino, al gesto intimidatorio che ha suscitato indignazione e messaggi di solidarietà tra innumerevoli politici e cittadini. De Luca farà rientro in città questa sera












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I Pinguini dancer...Per tornar bambini













lunedì 25 novembre 2013

25 Novembre 2013 Giornata Mondiale contro la violenza sulle donne











Le zampogne e la Compagnia Daltrocanto


12 Dicembre 2013 , ore 20,30
Chiesa di Sant'Apollonia
Via San Benedetto, Salerno




Ercolano, cede tetto Casa Atrio Corinzio



Fonte:Ansa.it

Caduti 10 mq travi legno e tegole realizzati in epoca moderna


Crollo negli Scavi archeologici di Ercolano: un tetto di circa 10 metri quadrati, in travi di legno e tegole di terracotta, posto all'interno della Casa dell'Atrio Corinzio, è crollato forse a causa delle forti piogge. L'episodio si è verificato ieri ma lo si è appreso solo oggi. La copertura, costruita in epoca moderna, non ha valore archeologico. Sul posto sono giunti i carabinieri avvisati dal personale del sito archeologico.




Al Teatro delle Arti di Salerno è stato presentato “Il pallone di pezza”con Claudio Lardo





Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Serritiello

La scena del Teatro delle Arti di Salerno, il giorno 8 novembre, si presenta oscura, nero pece, così come deve essere. Di lì a poco, 14 ragazzini, tra i dieci e i 14 anni, morranno nella narrazione di un fatto vero, sulla piazza di Buccino, un paese distante 50 km da Salerno, mentre giocano a pallone, con una sfera di pezza. 
Claudio Lardo, l’unico narratore ed interprete di questa struggente storia, è là in un angolo, alla scrivania, illuminato da una fioca luce di una lampada, intento a tastare una vecchia macchina da scrivere, un’ Olivetti verde pallido, per riscrivere la storia di una testimonianza orale, raccolta dal giornalista e scrittore Enzo Landolfi, anni addietro, nel libro“Vite in gioco” e portarla in teatro all’attenzione del grande pubblico. E così il ticchettio insistente dei tasti irrompe nel silenzio rarefatto del teatro per annunciare la storia de “Il pallone di pezza”. 
E conosciamolo quel lontano episodio del 16 settembre 1943, uscito dalle pieghe della memoria di Maria, la piccola fanciulla di allora, oggi tenera ottantaduenne, eccezionalmente presente in sala, testimone oculare dell’immane sciagura e grazie alla quale il racconto. 
Aveva 12 anni la piccola Maria, quel 16 settembre del ’43 e se ne stava affacciata alla finestra, tralasciando per poco i pensieri foschi e la paura. Sotto di lei, nella piazza polverosa del suo paese, 14 ragazzi, tra cui il fratellino Antonio di 10 anni, divisi in 2 squadre, giocavano a pallone con una sfera di pezza. Quel giorno era un giorno di guerra e di lì a poco la giornata avrebbe mostrato tutta la sua ferocia. Nel frattempo ai ragazzi, di giocare era sembrata l’azione più naturale, l’attività più compatibile per la loro età, la sola che li avrebbe allontanati, per qualche ora, dai rumori vigliacchi della guerra, dalla miseria della fame e dalla paura folle di ogni allarme, quando abbandonata la propria casa, ci si doveva infognare nei rifugi. Nella Piazza San Vito di Buccino, questo il paese, a circa 50 km da Salerno, quel giorno si sentivano, solo le grida spensierate dei fanciulli che rincorrevano il pallone, tentando di vincere ognuno la partita, padroni com’erano dello spazio, gli uomini, infatti, erano al fronte a combattere, mentre le donne e i vecchi, nel paese, a tentare di mandare avanti la vita. 
Sta di fatto che il 16 settembre del 43’ non era sorto come un buon giorno o per lo meno non come un giorno di guerra uguale ad altri. Maria, intanto, guardava i giovani amichetti e sorrideva gioiosa di felicità riflessa per la giocosità del fratellino, che nella piazza si faceva valere, calciando il pallone, ricavato da pezze di fortuna, tenute unite dallo spago. Un fagotto rotondo di panno floscio per l’ultima loro felicità. La fine venne improvvisa dal cielo, annunciata maligna dal rombo di un aereo che, senza imbarazzo, oscurò per sempre quel lembo d’azzurro. Il gioco s’interruppe di scatto, ma fiduciosi i ragazzi rivoltarono 14 teste in su, la mano sulla fronte a filtrare il sole, per meglio seguire il volo. Ah, l’innocenza dei fanciulli di quell’epoca! Ed ecco che sui loro capi, si abbatterono precise raffiche di fuoco, falciandoli tutti. 
Il rombo si allontana osceno, soddisfatto per l’azione compiuta, si è in guerra e non vi è cura di sapere chi fossero le vittime. 
Ora sulla piazza muta e segnata dal lutto, 14 corpi sono i testimoni, nel dolore di chi li piange tutt’ora, dell’orrore della guerra, mentre la partita di pallone metafora di una vita semplice, il materiale della sfera ce la rivela, si è conclusa senza mai iniziare . 
Maria impietrita si ritira dietro ai vetri, chiude ermeticamente la finestra e con essa per sempre nel suo cuore il ricordo, corre fuori sprezzante del pericolo e si lancia nella Piazza San Vito per soccorrere le vittime della feroce sventagliata, sul selciato, in una pozza di sangue giace, tra gli altri, il piccolo Antonio, suo fratello, con ancora stampato sulle labbra il sorriso innocente di chi si fida, di chi la morte non riesce proprio a capirla. 
Claudio Lardo, l’eccezionale interprete di questa storia, che pochi conoscono, anche laddove è accaduta, ha avuto il pregio di rimuovere la dimenticanza del passato, così facile ai nostri giorni. L’episodio, riscritto con cura e grande sensibilità dall’attore salernitano, misuratamente rientra tra la grande storia nazionale e la micro storia del piccolo paese. 
La piazza è là, i ragazzi anche e si preparano a giocarsi l’onore sportivo con un pallone di pezza, che presto sarà di colore rosso, intinto del loro sangue. Contraltare allo slargo è lo schermo bianco, che troneggia al centro della scena, dove s’appuntano i film luce, commentati in modo solenne da uno speaker del tempo, mentre il sonoro cade addosso come un’insidia inaspettata, con il rombo degli aerei. Il suono triste di una fisarmonica dilata mestizia intorno, preannunziando ciò che dovrà succedere. Ignari, i ragazzi più piccoli pongono domande a quelli più grandi “ ma quisti chi so, l’ inglise o i tedeschi? E la tedeschia addò se trova?” Il dramma si avvicina ed è nella voce del bravissimo Claudio Lardo, nel ritmo incalzante del suo racconto, ripetuto ossessivamente ogni volta e d’accapo, come per fissare l’episodio nelle vene, nel sangue, nella mente e nel cuore di tutti i presenti. Nessuno dovrà dimenticare i 14 ragazzi e se i loro nomi e la loro storia si fisseranno nelle nostre menti rimandati da padre in figlio, non saranno morti invano. E’ l’oblio a far perire veramente, il ricordo, invece, “ad egregie cose l’animo accende”. Bravo Claudio Lardo ad aver interpretato intensamente e con trasporto i una storia dimenticata. La sua fatica, ma sopratutto il suo cuore si è visto in scena, un grande cuore affogato da lacrime e commozione. 
Nella poltrona della prima fila del teatro è rincantucciata “La piccola Maria “che come dicono i titoli di coda, proiettati sullo schermo, ha 82 anni. La tenera signora, mentre assiste alla storia della sua vita, è chiusa in se stessa, occhi asciutti e pensieri rivolti a quel giorno. Gli anni della piccola signora, sì, perché mentre in scena va avanti la sua vita, ha ripreso fisicamente quell’età, dodici anni, nascondendoli dietro ad un sorriso, lo stesso che dispensa a tutti quelli che le si avvicinano, per condividere il triste giorno di settant’ anni fa. Appare a disagio, lei le lacrime le ha piante in tutti questi anni, da sola e lontano dagli applausi dei presenti. Ora, però, è visibilmente contenta, Antonio suo fratello, le è di nuovo accanto, piccolo e giocoso e senza che il fuoco amico degli inglesi abbia lasciato la triste traccia. 
Enzo Landolfi, che ha raccolto la testimonianza da Maria Cipriani, anni fa, ha gli occhi lucidi e il cuore gonfio di emozione, mentre le si avvicina.

Maria Serritiello 
www.lapilli.eu




Eleuterio e Sempre tua per la regia di Andrea Bloise al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno



Fonte;wwww.lapilli.eu
di Maria Serritiello




Per movimentare la riduzione teatrale di “Eleuterio e << Sempre Tua>>, i personaggi della celebre coppia radiofonica di Maurizio Jurgens, al Piccolo Teatro del Giullare di Salerno, il giovane regista, Andrea Bloise, ha raddoppiato i coniugi. E così due Eleuterio e altrettante << Sempre Tua>>, per interpretare: Il pizzico di sale, L’enciclopedia, Il pisolino e La sveglia, sketch scelti tra i 56 scritti per la radio dall’ umorista e regista italiano.

L’Eleuterio e la<< Sempre Tua>>, usciti dalla penna affilata di Jurgens, sono due coniugi benestanti, litigiosi, degli anni ‘60 che, senza lasciarsi mai definitivamente, ogni giorno, trovano occasioni di contrasto. Piccoli bisticci, nulla di effettivamente serio, solo malevoli rimandi che provocano, prima, il ritorno orgoglioso di lei dalla mamma e poi l’ammansito rientro al tetto coniugale. Tutto ciò lo si apprende attraverso un serrato carteggio tra i due.

Su questo impianto di base, lo spettacolo andato in scena, sabato 16 e domenica 17 novembre, per continuare fino al 1 dicembre, ha subito un'unica trasformazione, quella dei quatto interpreti anziché due, sia per esigenze teatrali, diverse da quelle radiofoniche, sia per l’impronta personale del regista Andrea Bloise, alla sua prima direzione. “Sempre Tua” è la chiusa di ogni lettera che Eleuterio riceve dalla moglie, tanto da diventare esso stesso il nome della sua signora.

Ed ecco l’inizio, con l’incipit a sipario chiuso e con i primi ad interpretare Eleuterio e <<Sempre Tua>>, Pina Russo e Carlo Orilia, che in due angoli opposti, presagio contrastante di ciò che si dovranno dire e a colpi di lettere, dall’inequivocabile inizio, si sfidano:

Roma -Trastevere, 28 settembre1966

<<Caro Euleuterio, la casa che mi vide bambina oggi mi vede delusa. Il nostro bisticcio di ieri mi ha messo addosso la stessa malinconia che mi mette addosso Pippo Baudo quando recita e quando sta zitto….
E penso che sei uno stupido Eleuterio, se arrivi al bisticcio per un semplice fiasco di vino.>>
                                                                 Sempre Tua
Di rimando Eleuterio

Roma- Parioli, 29 settembre1966

<<Cara “Sempre Mia,”la casa che ti vide bambina, e che ora ti vede delusa, ti vedrà anche decrepita, se aspetti che ti vengo a riprenderti…
Forse sarà anche stupido litigare per un semplice fiasco di vino, ma non dimenticare che il suddetto fiasco tu me l’hai rotto in testa, leggiadra Sempre Mia>>
                                                                Eleuterio

Veloce cambio ed ecco in scena, a sostenere la coppia litigiosa, con la stessa liturgia di prima, Alfredo Micoloni e Antonia Avallone. Le lettere che tutti e quattro s’inviano, s’ammucchiano a terra, mentre le parole sarcastiche e le frasi impietose rimbalzano dall’uno all’altro. Quando si apre il sipario si ha la visualizzazione interna della loro casa, del soggiorno- salotto, nel quale, dagli anni del dopo guerra in poi, la famiglia borghese pranzava, si riuniva e riceveva ospiti. In questo ambiente si sviluppano i quattro bisticci della coppia, sotto l’egida minacciosa di un fantoccio di pezza, “mammina”, la suocera inopportuna ed invasiva di Eleuterio, stessi vestiti, stesse scarpe e stessa acconciatura, tanto da sembrare essere di persona nella casa della figlia maritata. Quello che più piace del testo, evidenziato da un’accorta regia, è che nulla è irreversibile, la coppia ha sì contrasti, ma li ricompone nel giro di qualche giorno, per cui il recitato dei personaggi è rilassante, tranquillo, si sorride spesso e con gusto. Nel testo, per i nostalgici, ci sono citazioni e riferimenti a persone del vicino passato, un gradevole ripasso per la memoria, tra cui: Mariolina Cannuli(Presentatrice), Pippo Baudo(Presentatore), Claudio Villa (Cantante), Gianni Boncompagni (conduttore) Soraya (seconda moglie dell’ultimo Scià di Persia), Angelo Lombardi (divulgatore scientifico), Ernesto G Laura (direttore artistico SIFF). Felice è anche la scelta delle musiche, frutto del gusto musicale di Bloise, mentre all’infaticabile e sempre sorridente, Virna Prescenzo, vanno i jingle, adatti a ricreare l’atmosfera di quegli anni. Così, intorno alle coppie, mentre si sviluppano gli alterchi, irrompe la voce di Rita Pavone, che a squarciagola canta “Questo nostro amore, non si può nascondere, non si può nascondere questo grande amore…La voce stridula dell’allora giovane cantante è un veloce rewind che trascina tutti negli anni in cui si muovono con leggerezza gli interpreti. Più pacata ma sempre pungente la <<Sempre Tua>> di Pina Russo, vivace e caustica, invece è quella di Antonia Avallone e anche Eleuterio, quello di Carlo Orilia è flemmatico e pacato, mentre quello di Alfredo Micone è più sanguigno e rabbioso. Tutti e quattro, hanno caratterizzato con abilità i personaggi, divertendo e divertendosi, come quando nel finale, hanno accennato a goffi passi di danza. Una felice intuizione della regia, poi, si è rivelato l’inserimento, tra un battibecco e l’altro, di un carosello tv del 1969, un cartone animato dal titolo “La linea”, ideato da Osvaldo Cavandoli e che servì per pubblicizzare la Lagostina. Ilcartone animato del fumettista e animatore italiano era costituito da un uomo che percorre una linea virtualmente infinita e di cui è anch'esso parte integrante. Il personaggio incontra nel suo cammino numerosi ostacoli e spesso si rivolge al disegnatore, in un grammelot incomprensibile, affinché esso disegni la soluzione ai suoi problemi. Uno spettacolo, quello di Eleuterio e “Sempre tua”, bene assemblato, con buone caratterizzazione degli interpreti, appropriate scelte delle musiche e proiezione nostalgica del carosello, vero cult dell’immaginario. Buona la prova della prima regia di Andrea Bloise, a cui vanno gli auspici per una brillante carriera, da qui in seguito e l’invito a continuare nella direzione, oltre che ad offrirci, s’intende, pezzi unici di recitazione propria.

Era il 2 ottobre del 1966, quando dai microfoni della radio, i noti attori, Rina Morelli e Paolo Stoppa, iniziarono, attraverso la creatività dell’umorista Maurizio Jurgens, una fitta corrispondenza di un divertente carteggio, nel quale entrarono modo di vivere, usanze, ipocrisie, credenze oggetti, animali e pensieri leggeri di una svaporata <<Sempre Tua>> ed irrisolvibili atteggiamenti domestici di Eleuterio. La trasmissione nella quale furono inserite le loro discussioni fu: Gran Varietà, che andò in onda la domenica mattina, da luglio 1966, a luglio 1979.

Maria Serritiello
www.lapilli.eu


sabato 23 novembre 2013

La risposta di Marina Moncelsi all’europarlamentare Lara Comi.



Si commenta da sola..con .il suo parlare si auto referenzia. Non voglio sprecare alcuna  parola per commentarla. Riporto, invece, l'intera lettera, inviatale da Marina Molcesi, sarda a cui va, a Lei come a tutto il popolo sardo, il rispetto  dell'intera nazione.(Maria Serritiello)

Fonte:BlogdiEles l'alter blog


Risposta di Marina Moncelsi all’europarlamentare Lara Comi, in seguito all’uscita: “la gente in Sardegna è morta perchè c’è anche una diffusa ignoranza sulle norme di sicurezza basilari in caso di alluvioni. “Ma come si fa a rifugiarsi in uno scantinato, è l’abc!”.”

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Gentile Signora Comi, la prego di scusarmi se mi permetto di scriverle questa lettera, io che sono sarda e dunque ignorante.
Vorrei farle sapere alcune cose, se lei che ha studiato alla Bocconi e dunque è colta, avrà la condiscendenza di leggermi fino in fondo.
Vorrei dirle che la famiglia di brasiliani perduta tutta intera, madre padre e due figli, non si erano rifugiati nello scantinato per resistere alla pioggia assassina: loro in quel mini appartamento ci abitavano, ci vivevano. Io non so dove lei viva, signora Comi, certo non in un seminterrato visto che sta al Parlamento Europeo e dunque non ha bisogno di adattare una cantina ad abitazione.
Vorrei farle sapere anche che il poliziotto morto ammazzato da un ponte che è crollato proprio mentre lui era in servizio e apriva la strada ad un’ambulanza che soccorreva dei feriti, nemmeno lui era un ignorante e non si era rifugiato da nessuna parte: era proprio in servizio, mi creda. Ma il ponte ha ceduto, signora Comi, e quel ponte doveva essere proprio malconcio, come quello su cui sono morti altri due “ignoranti” nel loro fuoristrada; malconcio come tanti altri che da anni attendono di essere risanati dopo le alluvioni passate, e di cui la Regione si è già dimenticata. La “nostra” Regione, signora, quella amministrata da un suo compagno di partito che ha ritenuto poco importante stanziare fondi ai Comuni sardi per opere di mitigazione del rischio da dissesto idrogeologico (che per le persone ignoranti come noi sardi significa “prevenzione”).
Vorrei farle sapere che mamma e bimba morte in auto mentre tornavano a casa non si erano rifugiate in alcuno scantinato, e neppure quel padre che ha tentato inutilmente di sottrarre almeno il figlio dalla furia del fango, prima di cedere alla violenza che glielo ha strappato dal suo disperato abbraccio.
E potrei continuare, signora Comi, magari potremmo sperare che chi ancora non è tornato perché l’acqua lo ha sorpreso mentre cercava di riportare a casa il bestiame (ma lei cosa ne sa, mi perdoni, di campagna di mucche di fango, di puzza di letame?) che possa ancora essere vivo, che possa tornare…
Ma non voglio tediarla, a quest’ora lei già si starà domandando cosa vuole questa ignorantissima sarda che non sa che bisogna chiamarla onorevole, e continua a rivolgersi a lei col “signora”.
Ma sa, signora: ciò che ha detto l’altra sera in tv non è proprio per nulla onorevole, e volevo farglielo sapere.
E a dirla tutta, non è nemmeno molto da signora, deputata europea Lara Comi.


venerdì 22 novembre 2013

Su il sipario, da sabato 16 novembre fino a tutto maggio, al Teatro A. Genovesi di Salerno



Fonte:www.lapilli.eu
di Maria Srritiello

Il Teatro A. Genovesi di Salerno in Via Sichelgaita 12, sabato 16 Novembre, ha finalmente sollevato il sipario sulla stagione teatrale 2013-2014, evento atteso  con impazienza da quanti amano il teatro e seguono con ammirazione la “Compagnia dell’Eclissi”. L’apertura, in ritardo di un mese, rispetto a quella canonica, per motivi burocratici, ormai superati, ha subito dato il via ad un’ineccepibile performance della Compagine salernitana, che ha riportato sulle scene un cavallo di battaglia “ Il Berretto a sonagli”, pluripremiato in tutte le manifestazioni ed in cartellone ogni sabato, alle 21,00 e ogni domenica, alle 19,00 fino al 15 dicembre.

 La Compagnia dell’Eclissi, fondata nel novembre del 2006, con attori provenienti da varie esperienze teatrali, fin dall’inizio ha teso orientare le sue scelte verso la drammaturgia degli ultimi decenni dell’Ottocento e i primi del secolo successivo. Ibsen e Pirandello, con i loro scritti che denunciano le convenzioni morali e sociali, le inquietudini e le contraddizioni del mondo esterno, sono gli autori più scelti dal gruppo  e testi fondamentali rappresentati e riproposti, con sempre grande consenso di pubblico, sono: Casa di bambola, La ragione degli altri,  Il berretto a sonagli, Il Piacere dell’onestà a  e Tutto per bene.

Ed ecco i protagonisti del dramma pirandelliano “Il berretto a sonagli”, rendere la recitazione un autentico capolavoro interpretativo, sì, perché come riescono a raffigurare loro, Pirandello, nessun altro. Il premio Nobel 1934 ha qui la sua sede naturale e la Compagnia dell’Eclissi è la sola ad avere la "vis  drammatica" adatta per rappresentarlo. Tutti i protagonisti offrono un perfetto affresco piccolo borghese, nel quale si muovono Fana (Anna Maria Fusco Girard), l'incapace ed obbediente serva, per continuare con Fifi La Bella (Leandro Cioffi), che si serve dei soldi della sorella per onorare i debiti contratti, con la Saracena (Lea di Napoli), bella e spavalda, con Nina Ciampa (Nadia D'Amico),  poco più di una muta ma ardita nei  fatti, con Angela Guerra, la puntuta Assunta La Bella, attenta a mantenere lo status quo della famiglia, sia pure a danno della figlia e con  Felice Avella, perfetto nella caratterizzazione del delegato. Su tutti, due mostri sacri, Flavia Palumbo ed Enzo Tota, così bravi, così scenici, così umani, così disperati e così calati nella parte che si fatica, una volta finita la rappresentazione, a dare loro altro volto se non quello di Ciampa, e di Beatrice Fiorica. Eccellente e accorta nei particolari, la regia di Marcello Andria, per cui  tutto lo spettacolo risulta di grande pregevolezza
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Maria Serritiello
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