Si bandisce il IV° concorso fotografico dedicato ad
Antonio Serritiello.
Il concorso fotografico giunto alla sua quarta
edizione, voluto da Maria Serritiello per ricordare il caro fratello Antonio,
ha lo scopo di mantenere viva la sua memoria nel territorio che l’ha visto
operante e partecipe, rivolgendola a quanti hanno conosciuto e amato la sua
onestà, laboriosità, attaccamento alla famiglia ed al valore sacro
dell’amicizia.
Tema
LA GIORNATA PERFETTA
Ispirandoci alla filosofia dello scrittore napoletano
Raffaele la Capria racchiusa nel libro "La bella giornata", che dice:
“Ciascuno di noi aspetta la bella giornata
legittimamente, tutta la vita.
Anzi, è la volontà stessa di vivere.
... È la causa della vita, quell'attesa:
una speranza che noi nutriamo,
altrimenti l'esistenza sarebbe inutile viverla.”
Il tema scelto per questo quarto concorso lascia ampio
spazio ad interpretazioni libere e creative.
Inviaci le foto che rappresentino la tua ideale
"Giornata perfetta"
Nei giorni scorsi, al
Teatro Ridotto di Salerno, all’interno della rassegna Che Comico 2023/2024,
direttore artistico Gianluca Tortora, è stata presentata una cab commedia
gradevolissima. In scena Ettore Massa e Massimo Carrino in “Giornalisti quasi
disoccupati”. Il pezzo è tutto incentrato a cercare, per non essere licenziati
dal giornale, dove lavorano i due articolisti, di far passare fake news per
fatti reali, il tutto condito da una vena ironica, che ha divertito molto il
pubblico.
Idee semplici, grande
affiatamento, buona professionalità e garbata capacità di porgere situazioni
già espresse con delicata e mai aggressiva comicità, magari facendo il verso a
personaggi più famosi, televisivamente parlando, ma con una ironia mai saccente,
che fa divertire prima loro stessi e poi il pubblico. La loro schiettezza è naïve
tanto da divertirsi loro stessi con mal celate ridarole. Niente di speciale è’
vero, ma sono sinceri e fanno di una loro normalità comica il momento vincente
dello spettacolo. Serenità ironica, la loro che li trasforma in comici tranquilli
della porta a fianco senza mai scadere nel clamore del linguaggio scurrile, se
non becero che i tempi attuali hanno sdoganato con disinvoltura. Comici
semplici, ma grande affiatamento ed indiscussa capacità professionale, per una
ironia semplice, di una serata sicuramente riuscita piacevole.
Gli altri due incontri,
previsti per l’annata comica 2023/2024, si terranno nel Teatro delle Arti, per
concludere degnamente la selezione comica di quest’anno.
Si sa, la vanità è donna e
non vi rinuncia neanche Ianara, una lazzara di razza pura, che si appresta a
cucinare un povero giacobino prigioniero, trattenuto nella sua misera casa. Ricoperta
di stracci che fungono da vestiti, scigliata e furiosa, si esprime, infatti,
con rabbia e con toni che polverizzerebbero qualsiasi corda vocale, la sua no (brava
l'attrice), per tutto il tempo dell’ora di rappresentazione.
La lingua, un dialetto
stretto, con parole perse nel tempo, ma che hanno una musicalità
incontrovertibile. La pièce gira tutt'attorno, non al dover trovare un
pentolone di proporzione esagerata, dove far affogare il prigioniero e dare,
così, al libero sfogo al cannibalismo, praticato da tutti i componenti della
famiglia, come fatto usuale, ma all'insoddisfazione della donna per il suo
stato di soggezione a quel marito che di umano ha solo la fisicità. Abbrutita
da una vita scadente, oltre misura, da gravidanze, cinque, sopportate suo
malgrado, ingabbiata da una da fatica giornaliera dell’ordine la casa, della
cucina, del lavaggio dei panni e dell’accudimento dei suoi chiassosi ed
ineducati figli, ha qualche sogno inespresso, eh sì, quando passa dinanzi al
piccolo specchio, appeso al muro, inspiegabilmente, del suo tugurio. Intanto il
povero giacobino, legato, imbavagliato attende la sorte malevole che gli tocca,
incassando calci e pugni dalla donna che non riesce a trovare un recipiente
adatto per la sua cottura, anzi lamenta che è troppo massiccio e che tirargli
il collo le fa specie.
Intanto, la cultura e le
buone maniere, lavorano, in prima battuta tutto a vantaggio del giacobino, che su
di esse pensa di fondere la salvezza. Forse è anche questo il messaggio tra le
righe dell’autore, che la conoscenza batte la forza bruta
dell’ignoranza, malgrado come va a finire la rappresentazione. Saldamente resto
attaccata a quest’ idea (N.D.R.) che rende accettabile questa pièce, abbastanza
inconsistente, che si rafforza solo quando Ianara racconta la favola di “Ficuciello”,
attingendo con disinvoltura alla tradizione orale, in lingua dialettale, a
lui che si finge bambino tutt’orecchie per
ingannarla. Il baciamano, poi, che porge alla donna, ormai convinta di aver
abbattute le distanze sociali in sol colpo, è l’inganno che meglio gli sia
riuscito, ma non gli rende salva la vita.
“Il Baciamano” portato in
scena dal GA D di Pistoia, per la prima volta all’XS di Salerno,
con i due interpreti: Lucia Del Gatto e Gennaro Criscuolo, il secondo
anche regista dello spettacolo, hanno reso efficace l’esibizione, coadiuvato
dai suoni scelti da Marina Criscuolo e dalla scena e costumi curati
dallo stesso GAD. Eccezionale Lucia Del Gatto ad aver prestato
quanto fiato avesse in corpo e tutte le sfaccettature della sua gola, per dare
vita ad una Ianara che più lazzara di così non si poteva impersonare. Discreto
quanto disinvolto il giacobino, una figura posto proprio per dare lustro al
baciamano della sguaiata popolana. Quanto al dialetto, così perfetto, usato
senza alcuna inflessione toscana, se ne capisce la ragione, la Ianara in
questione è nativa di Torre del Greco.
Solo oggi, a 5 giorni dalla tua scomparsa, trovo il coraggio di scrivere e neanche mi viene tanto bene...infatti già mi sono fermata e guardo la pagina bianca senza alcun interesse. Tu mi sei dinanzi e dalla tua altezza mi guardi, come quando ti ho visto per l'ultima volta a settembre, camicia e pantalone bianco, dinanzi alla chiesa di San Benedetto. C'era la tua musica, suonata nel concerto dei 4 offerti gratis a chi ama ascoltare buona musica ed io come sempre ero là presente per seguire le tue creazioni. Una premonizione, il pallore del viso, confermato di lì a poco, proprio da te: "Marì ti devo dare una notizia, non sto bene..."
Il concerto mi arrivò alle orecchie, ovattato, le tue parole da sole a martellarmi le tempie.
No, non ci riesco a considerare che tu non sia più tra noi e scrivere mi è davvero impossibile, scusami Guido. Vederti uscire dalla chiesa, al tuo funerale, è come se un pezzo di vita se ne fosse andata. La gioventù te la sei portata con te a noi hai lasciato brandelli di vecchiaia sicché là improvvisamente tutti abbiamo avuto un'età avanzata e stanca.
Provo a ricordarti con stralci di miei scritti per te e scusami se non riesco a dirti nulla di nuovo, non saprei dirti di meglio, quelli li ho scritti per te, ma presente.
Che bel lavoro, Maestro Guido Cataldo, pensato
amorevolmente per i tuoi cuccioli, così come li indichi, nella dedica iniziale,
ma anche per i bambini degli altri, è come se avessi voluto dare, in eredità il
tuo mondo poetico, fantastico, musicale. La tua anima! Hai voluto lasciare
traccia, ed ecco la ricerca accurata nell’organizzare il lavoro, per dire
pedagogicamente ai fanciulli di quest’era di guardare a fondo, non
accontentarsi di hic et nunc, tanto di moda, perché la tradizione ci dice da
dove siamo partiti, importante per dove si vuole arrivare.
E ce l’hai fatta, Guido, noi adulti che ti leggiamo ci
siamo emozionati, siamo tornati indietro nel tempo, e non con melensa
nostalgia, ma con la consapevolezza che, barra diritta, abbiamo dato e diamo
con l’entusiasmo giovanile, ogni giorno.
PS. In un giorno di fine anno, nel cortile della
scuola media di Oliveto Citra, io e te e tutta la scolaresca, di cui eravamo
insegnanti, abbiamo rappresentato Cicerenella. Uno dei ricordi più limpidi…
Mi sia consentito l’amarcord personale per i fratelli
Cataldo. Il primo: “Bartolino”, impeccabile nel suonare il piano, mio compagno
di banco nell’ultimo anno di scuola superiore, ora affermato giornalista oltre
oceano, rivisto una sola volta e per caso, in tutti questi anni trascorsi. Il
secondo “Guido” l’ottimo collega di classe e di viaggio nel raggiungere
quotidianamente la sede scolastica di Oliveto Citra. Io e Guido, insieme, su di
un testo “O cunte e Cicerenella” scritto dal padre e da lui musicato, a fine
anno, riuscimmo a far recitare e cantare tutti gli alunni della scuola. Peccato
non ci sia traccia visiva di questa performance, siamo negli anni ’80 e ancora
non era scoppiata la mania del telefonino fotografo, ma nella mente, nel mentre
scrivo, sono là, nel cortile assolato della scuola, con accanto il Maestro
Cataldo che mi accompagna con la sua chitarra, e canto felice, si perché la
musica mi rende felice, con tutti i nostri alunni.
Venerdì 9 dicembre al Teatro delle Arti di Salerno è
stato rappresentato un lavoro inedito del Maestro Guido Cataldo, dal titolo
“Voce e notte” che, sebbene non ci sorprende più per la sua bravura, riesce
sempre a suscitare forti emozioni, in qualsiasi campo si cimenti e venerdì
scorso è stata la scrittura ad essere privilegiata.
Attingere, ogni volta, al patrimonio creativo del
Maestro Cataldo è uno stato di grazia che ad ognuno di noi fa bene, una bella
pausa di emotività e un pieno di poesia, per la dolce storia d’amore
raccontata.
Naturalmente tutto parte dalla musica e precisamente
dalla canzone “Voce e notte”, la più bella serenata mai scritta da un
innamorato per la sua bella perduta. Quasi tutti conoscono la melodia ma molti
ignorano la vera storia da cui è tratta la canzone e cioè l’infelice vicenda
del poeta Eduardo Nicolardi.
A supplire questa mancanza ci ha pensato il maestro
Guido Cataldo, scrivendo una delicata vicenda, scegliendone anche le musiche,
poi, con l’ausilio di Gaetano Stella, per la regia e la compagnia teatrale di
Serena Stella, sua figlia, ha confezionato una perfetta commedia musicale. Il
maestro nella composizione del copione si è lasciato guidare dai versi composti
da Nicolardi e che musicati hanno dato luce a canzoni famose, ma anche alle
tappe della sua vita
ORCHESTRA POP SALERNITANA
LA RECENSIONE
Bella serata, quella del 6 febbraio, presso il Teatro
Augusteo di Salerno, grazie al Maestro Guido Cataldo e alla neonata Orchestra
Pop Salernitana, da lui diretta e voluta. Dopo la filarmonica del Teatro
Giuseppe Verdi, diretta da Daniel Oren e dopo l’orchestra jazz dei Deidda e di
Vigorito, l’orchestra pop di Cataldo chiude il cerchio musicale in città.
Dinanzi ad un pubblico affollatissimo, i 30 elementi, che compongono
l’orchestra, hanno dato vita ad un concerto di musica moderna di grande
qualità. E’ “Azzurro”, la celebre canzone di Adriano Celentano, a fare da sigla
iniziale alla presentazione ufficiale dell’orchestra, con un Guido Cataldo,
maestro di consumata esperienza, emozionato e commosso. Si presenta in scena
con l’inseparabile sassofono, tenuto stretto tra le braccia, come per farsi
coraggio, il creatore della Polymusic e prima ancora il musicista di spicco
degli Astrali, il complesso degli anni ’60, più amato dai salernitani. “Questa
nuova iniziativa arricchisce il panorama artistico e culturale della nostra
comunità che si conferma sempre più attenta ai fermenti espressivi più
variegati” dice il primo cittadino Vincenzo De Luca, nella brochure di
presentazione e continua “ il Comune di Salerno ha deciso di puntare sempre di
più sulla cultura, tanto come elemento dell’identità civile, tanto come
strumento di attrazione”. E l’attrazione ci sta tutta, trenta elementi, fra
musicisti e cantanti che nei loro tour nazionali hanno accompagnato star, dal
calibro, di Claudio Villa, Nicola Di Bari, Peppino Di Capri, Barbara Cola, Rita
Pavone, James Senese, Wilma Goich, Ivan Cattaneo, Tony Esposito, per citarne
alcuni. Un patrimonio d’esperienza accumulata, da non disperdere, da trasferire
nelle giovani generazioni, perché rimanga viva la continuità. Anni addietro ad
iniziare il cammino del successo fu il salernitano Jimmi Caravano, che nel
lontano 1959 vinse la selezione cantanti “Voci Nuove”, insieme a Milva, con il
notissimo Maestro della Rai Cinico Angelini e da allora un successo dopo
l’altro in tutto il mondo. A lui, presente in sala, è andato l’affettuoso
tributo di tutto il Teatro Augusteo, in piedi per la consegna del “Microfono
d’Argento”un riconoscimento alla sua luminosa carriera. La continuità del
cantante salernitano, sul palco, ora l’hanno raccolto i cantori a cappella “I
Neri Per Caso”, rispettivamente figlio, Mimì, e nipoti del grande Jimmy, che,
il Maestro Claudio Mattone, lanciò nel festival della canzone di Sanremo
qualche anno fa. Nel cerimoniale dei saluti non sono mancati quelli delle due
orchestre del territorio salernitano, nelle figure del Maestro Giancarlo
Cucciniello e il Maestro Guglielmo Guglielmi, presente anche il Maestro Antonio
Marzullo, segretario artistico del Teatro Verdi. L’assessore Ermanno Guerra,
poi, ha ricordato come l’amministrazione comunale, che ha sostenuto il progetto
della nuova orchestra, si stia impegnando per arricchire l’offerta culturale e
artistica della nostra città. L’Orchestra Pop Salernitana ha eseguito, per la
gioia dei presenti, pezzi musicali di grande valore, arrangiati in modo
personalissimo e con stile moderno a partire da: “Dieci Ragazze per me”; “Un
amore così grande” ; “Se mi lasci non vale”; “La nostra Favola” di Jimmy
Fontana, cantata in modo impeccabile dal grande Gaspare Di Lauri; “Se telefonando”
di Mina; “Gloria” di Umberto Tozzi; “Meraviglioso” di Modugno e tanti altri
brani, entrati a far parte della colonna sonora della nostra vita. Poi, il
Maestro Cataldo, ha voluto regalarci un’emozione intensa suggestiva, unica, la
versione per sax tenore e orchestra del brano”Nessun Dorma”. Il sublime si
trasferisce nel teatro e l’applauso irrompe fragoroso e si mantiene a lungo tra
gli spettatori, un bis ci sarebbe stato tutto! Infine per i musicisti e i
cantanti, tutti bravi e seri professionisti, ecco i loro nomi, in un doveroso
elenco: Antonio Panico, Massimo D’Apice e Rosapia Genovese, ai sassofoni, alle
trombe: Franco Mannara e Antonio D’Alessandro, al trombone: Fortunato Santoro,
alle tastiere: Gianni Ferrigno, Siro Scena e Casimiro Erario; al pianoforte,
Renato Costarella; alla chitarra elettrica Angelo Napoli, a quella acustica
Fabio Raiola; al basso Francesco Maiorino; alle percussioni: Oreste Vitolo;
alla batteria Enzo Fiorillo; ai violini Danilo Gloriante, Tommaso Immediata,
Carmine Meluccio, Lidia Nicolla, Giulio Piccolo, Roberto Casaburi, Annalisa
Moriello; alle viole: Pasquale Colabene, Carmine Matino; al violoncello:
Antonello Gibboni. Il coro era formato da: Gaspare Di Lauri, Angela Clemente,
Alfonso Tortora, Giorgio Veneri, Valentina Ruggiero, Samantha Sessa e da Diana
Cortellessa che, per una brutta faringite, non ha potuto far ascoltare la sua
stupenda voce. La serata è stata presentata con la solita bravura e simpatia
dal notissimo attore salernitano Gaetano Stella e si è conclusa con un medley
di canzoni degli anni sessanta e settanta.
E’ inutile girarci
intorno, la scrittura di Stefano Benni è colta, ironica, intellettualistica,
satirica; un coacervo di stili, di giochi di parole, di citazioni, tra le
tante, “Parigi brucia”, di situazioni reali o irreali, un confine non mai
specifico, che usata per una commedia “La Signorina Papillon”, destabilizza un
po'. Si ha l’impressione che l’ironia, usata nel raccontare e rappresentare,
colpisca direttamente lo spettatore, tanto da confondergli il senso di ciò che
sta seguendo. Intanto quello che avviene in scena è sogno o vita reale? E la
realtà è pilotata o libera ed il periodo a cui si riferisce è dimensione del
XIX secolo o fuori dal tempo? Si rientra così al teatro dell’assurdo, dove
tempi e modi non sono definiti. Lo spessore intellettualistico di Benni si fa
sentire per intero ed il giardino, ambientazione dell’opera, si comprende
metaforico e che in esso si vogliono raccogliere le tante storture sociali.
La signorina Papillon è
l’eterea fanciulla vestita di voile bianco, capelli lunghi e biondi che
trascorre parte delle sue giornate nello splendido, giardino, ornato da 316
varietà di rose, tutte da lei coltivate amorevolmente. Non è l’unico suo hobby,
infatti raccoglie variopinte farfalle e le conserva in vasi di vetro
trasparente. Scrive un lungo diario giornaliero, nel quale appunta tutti i suoi
pensieri. La vita le scorre tranquilla, felice di questo ritmo abbandonato,
lontano dal clamore della città. Il giardino che si coglie metaforico non
palesa a che epoca si riferisce, è un non luogo che risente del teatro
dell’assurdo. Irrompono, nella quiete bucolica dell’ingenua Rose, in modo
maldestro, tre tristi figuri: Maria Luise, l’amica lussuriosa della Parigi che
conta, il poeta Millet, uno scribacchino che crede che ricchezza e fame contino
più di ogni alta cosa ed Armand, un essere spregevole votato alla violenza e al
comando. Tutti e tre hanno un solo scopo convincere Rose a vivere una vita più
sciolta, moderna, a trasferirla nella caotica Parigi, per potersi impossessare
della sua tenuta, uccidendola.
Inizia così una lunga affabulazione
nei riguardi di Rose, con parole, sproloqui di raffinata impostazione, a volte
si ha l’impressione che tutto il testo sia un esercizio di stile, per poi
gustare la satira grottesca e gli allegri siparietti di ricercata costruzione.
Non c’è che dire un Benni in stato di grazia, il tutto a vantaggio di un pezzo
raffinato, ma difficile da seguire in ogni sua forma.
Sarà stato vero il
complotto o sarà stato tutto un sogno? Meglio credere ad un abbaglio e
rifugiarsi in rose colorate e in svolazzanti farfalle che la cruda realtà
criminale.
Un plauso convinto va
alla Compagnia Ellemmeti Libera Manifattura Teatrale Napoli. per la
scelta del testo non facile e la capacità interpretativa di tutti e quattro gli
attori.La
Compagnia è alla sua prima volta al Festival XS
Stefano Benni,
Bologna 12 agosto 1947. E’ uno scrittore, umorista, giornalista, sceneggiatore,
poeta e drammaturgo italiano.
Mariano Grillo,
ovvero la comicità curata, quella di una volta, quella ricca di contenuti e
scevra di parolacce, un testo, il suo, che abbraccia con disinvoltura, le
problematiche vissute da ognuno di noi e se le sue riflessioni fanno anche
ridere, come succede, tanto meglio. Si presenta al pubblico del Ridotto con la
semplicità di un giovanotto di 35 anni, ma con l’esperienza di uomo, marito e
padre. Le problematiche che affronta nel suo monologo, sue sono, infatti, il
pubblico le sente proprie, fino a creare con Mariano una simpatica empatia.
Longilineo, capelli corti, look sciolto e occhi grandi e tondi che sgrana ogni
volta, per sottolineare le battute a conclusione delle sue battute, Mariano ci
tiene a sottolineare che il suo cognome non ha nulla a che fare con il grillo
politico, se non una pura casualità che si tira involontariamente dietro.
“Tutto sotto controllo”,
questo il titolo dello spettacolo per due sere al Ridotto di Salerno, che
malgrado il tempo inclemente e la serata finale dell’onnipresente Festival di
Sanremo, ha visto il teatro pieno di persone, fiduciose di essersi create una
valida alternativa alla tv ed al divano.
E di battute ne ha
sciorinate tante, in quasi due ore di spettacolo, come quelle sul matrimonio
per cui dopo due anni, la moglie non chiama, convoca e si deve scattare, o
sulla città di Milano, che è conosciuta, sì, per la sua bellezza, ma
soprattutto per la ricerca di lavoro dei tanti meridionali e che alla fine
l’hanno pure trovato.Ed ancora altri
temi, affrontati con leggerezza, proprio per tenere tutto sotto controllo sono:
la pandemia, la guerra, il caro vita, la società sempre più indifferente, i
rapporti violenti, il clima, insomma il quotidiano di noialtri, che visti con
l’ottica umoristica sembrano più sopportabili. Un finale sorprendente, poi,
Mariano lo stigmatizza con una lettera aperta ed indirizzata ai suoi due figli,
nella quale trabocca tutto l’amore per i suoi piccoli, un maschietto ed una
femminuccia. Conclusione degna del suo spettacolo, con l’amore paterno da non
tenere sotto controllo e questo ci è piaciuto assai!
Maria Serritiello
Mariano Grillo,
attore e comico, è nato a Napoli trentasette anni fa.
Debutta a teatro all’età
di 10 anni recitando nella compagnia del padre, per continuare, divertendo i
suoi compagni con sketch e barzellette
Nel 2013 la RAI lo
sceglie come comico emergente e lo ospita in vari programmi Tv. A Napoli
partecipa al laboratorio comico di Made in Sud
Nel 2014 è vincitore del
premio nazionale “Campania Felix” come miglior Attore protagonista.
Nel 2019 porta in scena
al fianco di Fabio Brescia in “Due comici in Paradiso” di Biagio Izzo e Bruno
Tabacchini
Vincitore del Premio
Charlot e del Premio Massimo Troisi ad ottobre 2022 debutta a Zelig a
Milano con il suo spettacolo “Tutto sotto controllo” In teatro porta in
scena i suoi testi e di questi ne è autore e protagonista.